Giuditta Sin

Il corpo è di per sé un fatto politico, ha a che fare con la nostra esistenza, con l’essere nel tempo e nello spazio.

“Nello spogliarsi si compie un atto di liberazione del sé, da un punto di vista simbolico con il gesto dello spogliarsi, che riguarda anche e soprattutto secoli di concezioni, di ideologie imposte sul corpo della donna”

Performance Art

La ricerca sull'arte del Burlesque inizia più di dieci anni fa, quando ho capito di voler creare delle performance che unissero ricerca estetica e atmosfere retrò dalla femminilità perduta ad un lavoro che mettesse in scena la potenza sensuale e seduttiva delle donne.

THE SI(G)N OF GIUDITTA

Gianluca Marziani

Usare il corpo come una geografia antropica in costante evoluzione.
Considerare il corpo un territorio di trasformazioni cicliche che si irradiano nel paesaggio.
Aprire i molteplici ricettori del corpo geografico, rivelando le armonie cosmiche e minerali della Donna.

Geografia: dal greco antico γῆ, «terra» e γραφία, «descrizione, scrittura»

Scrivere sulla terra attraverso il corpo tracciante e sensoriale. Una scrittura atavica di una figura che disegna linee cosmologiche nello spazio invisibile: linee che nascono dalla danza, dagli equilibri motori, dalle posture storicizzate, dalle armonie del timbro muscolare. Le azioni si fissano in uno spazio metafisico e fluido, privo di testo grafico, reso liquido dal processo in cui azione mentale – la vita dell’artista – e pensiero fisico – l’arte dentro la vita – si fondono in maniera panteistica.

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GIUDITTA SIN incarna una condizione autonoma e rigenerativa nel panorama artistico.
Lo stesso termine “performance” denota un limite linguistico davanti al suo universo polisemico, davanti ad un corpo semantico che usa la sinestesia e la fluorescenza con energia identitaria e fioritura edenica.

La sinestesia è un fenomeno che indica una contaminazione dei sensi nel processo di percezione.
La fluorescenza è la proprietà di alcune sostanza di riemettere le radiazioni elettromagnetiche ricevute.

Giuditta Sin ribalta la compressione scenica della performance, solitamente definita in uno spazio limitato, con precise regole d’ingaggio, una durata chiusa e un indice narrativo. Nel suo caso l’azione è un continuum ideale che implica una fluorescenza tra quanto precede e segue il suo live set. E’ una differenza sostanziale che definisce una sinestesia tra pensieri e azioni, corpo e paesaggio, superficie e profondità. Per l’artista significa vivere a tempo pieno dentro l’operazione oltre l’opera, dentro le sue reazioni esogene, dentro il processo induttivo che ogni azione intraprende. L’evento live diventa così una fluorescenza abbagliante e onirica, un’accelerazione sensoriale che comprime per un istante tutte le energie, finché quella luce elettrica s’irradia nel tempo circolare, nello spazio metafisico in cui l’artista è essa stessa natura naturans.

Giuditta Sin attraversa autori, memorie, idee e opere che hanno ascoltato le sue attitudini e le sue teologie panteistiche. Le culture dei simbolismi (Art Nouveau, Art Deco, Preraffaelliti…) sono un tracciato fondamentale che ha iniettato la chimica primaria della conoscenza. Il tema surreale è il secondo tracciato che ha aggiunto le proteine del processo cognitivo. Il burlesque con le sue colte speculazioni è il terzo tracciato che ha aggiunto le vitamine di un percorso tra svelamento intimo e rivelazione inclusiva. Tracce molteplici con cui l’artista ha definito la sua azione mentale e il suo pensiero fisico, ricreando una personale ecosessualità della rigenerazione umana. La mistica della sua bellezza impollina le idee portanti e conduce il corpo nel territorio oltre la performance, oltre l’installazione ambientale, oltre la rigida partitura dei ruoli professionali. Siamo in una geografia oltre il tempo e lo spazio contestuali; siamo nella resistenza del territorio minerale, dove Giuditta Sin incarna un raro esemplare di onice nera dalle striature rosse e bianche. Il suo essere profondo è un cristallo duale che produce equilibrio nel processo entropico, nel dialogo selvaggio tra corpo e natura, nel rito poetico del buio luminoso.

Lei è un’apparizione aliena che rende distopico il tempo lineare, rallentando il battito del mondo, aumentando il pathos dello sguardo interiore. La sua pelle minerale appartiene al primo messaggio di un mondo nuovo: dove i corpi reattivi scrivono attraverso la Terra, con la Terra, sulla pelle simbiotica della Terra.